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MineralMovies [ep.6]: Analisi di A prova di errore (1964) di Sidney Lumet

Forse le persone non riescono ancora ad abituarsi all’idea di uccidere i civili. Parlane con i civili di Londra, Amburgo, Dresda o Tokyo…uccisi a migliaia nei bombardamenti. Ho omesso Hiroshima e Nagasaki perché quelle azioni appartengono più alla Terza Guerra Mondiale…che alla Seconda.

Il Male non è sempre esistito, né come sostanza metafisica né come semplice riflesso negativo delle azioni umane. Il Male ha una data di nascita precisa e il suo parto è stato scientificamente indotto in ossequio alle leggi fisiche fondamentali dell’Universo. Il certificato di nascita del Male recita così: Socorro, New Mexico, 16 luglio 1945. La prima esplosione nucleare della Storia.

Questo racconta David Lynch nell’ottavo episodio della terza stagione di Twin Peaks, Part 8, con un flashback in bianco e nero che sembrerebbe mostrare l’origine del misterioso BOB, l’incarnazione del male nella serie, come una conseguenza diretta del Test Atomico Trinity, parte del Progetto Manhatthan di Oppenheimer. Un insettoide disgustoso striscia via dal luogo dell’esplosione per poi parassitare una giovane ragazza ignara, dando inizio alla catena causale che porterà alla sofferenza umana dei protagonisti della serie, decenni più tardi.

L’insettoide ha delle analogie con la nucleomitofobia, la soffocante paura patologica per un possibile conflitto nucleare: entrambi sono nati insieme alla bomba atomica ed entrambi hanno una malsana predilezione per bambini e adolescenti. Se la consideriamo una malattia endemica, possiamo dire che il picco dei contagi fu raggiunto nell’ottobre del 1962, quando la Crisi dei missili cubani insegnò al mondo intero che la fine dell’uomo è a poche decisioni politiche di distanza.

Una conseguenza dell’epidemia di terrore per nulla sorprendente fu il proliferare di opere a tema apocalisse nucleare, con il curioso caso di due pellicole estremamente simili e praticamente contemporanee, tratti da due romanzi a loro volta oggetto di accuse di plagio : Il dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba di Stanley Kubrick e A prova di errore di Sidney Lumet.

Entrambi sono girati in bianco e nero; entrambi si svolgono in pochissime location claustrofobiche, ovvero un centro di comando, la War Room e l’abitacolo di un bombardiere; entrambi sono dominati scenicamente dal personaggio di un controverso scienziato di origini germaniche, i dottori Strangelove e Groeteschele; in entrambi le due maggiori potenze della Terra sono in balia di problemi tecnici e inghippi decisionali; entrambi si concludono con la morte di milioni di persone.

Woody Allen gira nel 2004 il film Melinda e Melinda, in cui la stessa storia viene narrata prima come dramma e poi come commedia, riflettendo su quanto necessariamente vicini debbano essere i due opposti per generare arte: ed è esattamente questo che succede nel 1964 con questi due film speculari, simili in tutto tranne che nel tono, destinati a comporre un dittico solo apparentemente contraddittorio.

Il terrore per la Bomba infatti si accompagna all’ossessione morbosa per questo strumento così follemente potente da non sembrare nemmeno reale, e la sua promessa di morte si accompagna a quella paradossalmente di libertà. Di fronte agli intricati ricatti politici, all’incertezza delle fastidiose guerre combattute per procura, alle infinite complicazioni del sistema economico globale, è inevitabile che il pulsante rosso di RESET totale della guerra atomica abbia un fascino tanto proibito quanto potente. Questo valgono milioni di morti, la certezza della sopravvivenza della propria cultura e del proprio stile di vita, afferma il Dr. Groeteschele nella pellicola di Lumet. Di fronte a un Nodo di Gordio c’è sempre uno pseudo-Alessandro che pensa di tagliarlo una volta per tutte, tematica intorno alla quale è costruita anche la trama di Watchmen di Alan Moore del 1987, fumetto in cui un vano sacrificio di sangue innocente da parte di un folle visionario cerca di placare il demone della Guerra totale, paventando l’esistenza di un nemico comune ancora superiore.

A prova di errore con il suo titolo introduce un altro elemento inestricabilmente legato al concetto di guerra nucleare: non sono solo gli esseri umani che hanno il dito sul grilletto, bensì sistemi informatici e burocratici più o meno complessi che una volta creati diventano agenti della guerra a tutti gli effetti. La Russia ha avuto e probabilmente ha ancora un sistema del tutto automatizzato, il cosiddetto Perimetr (Dead hand per la NATO) in grado una volta attivato di procedere con il lancio di tutte le testate anche nel caso in cui la Russia fosse già distrutta (o perlomeno i suoi vertici), e procedure simili esistono anche negli USA. Anche senza arrivare a questi casi limite, le decisioni in merito agli attacchi nucleari sono subordinate ai dati inviati costantemente dalle più disparate tecnologie, ognuna delle quali può incorrere in errori, come successe nel 1983 al sistema russo che per fortuna era in quel momento monitorato dal calmo Stanislav Petrov. Senza di lui probabilmente sarebbe successo qualcosa di ancora più tragico e assurdo dei film.

La Mutua Distruzione Assicurata sulla carta impedisce un conflitto di grandissima scala, permettendo solo piccole sporche guerre in giro per i paesi meno fortunati: ma se anche facessimo finta che questo fosse eticamente accettabile, dove sarebbe il guadagno se quel conflitto finale fosse comunque inevitabile? Sarebbero anzi sofferenze aggiuntive e inutili. Lo scambio paradossale che avviene nel film di Lumet tra Mosca e New York è l’esemplificazione di questo concetto, una logica ingarbugliata che si imprime nello spettatore in tutta la sua follia eppure lucida razionalità. La falla totale della logica umana già individuata da Aristotele con i suoi sillogismi pone quasi in forse la possibilità del libero arbitrio: nel film i vertici russi e americani scremano sì le proprie cellule malate per arrivare alla eticamente giusta e logicamente valida collaborazione, ma è troppo tardi, è sempre stato troppo tardi. Una volta che le premesse sbagliate sono entrate nella catena dei sillogismi, è impossibile ottenere qualunque risultato giusto se non in una vuota formalità. La questione non è che ci sia l’uomo giusto o la macchina giusta a vigilare sulla possibilità dell’utilizzo di armi nucleari, ma l’esistenza a prescindere di questa possibilità.

Quello che sembra essere un cervellotico esperimento mentale, ovvero l’insensata distruzione di due città del film per evitare la Guerra, è semplicemente la nostra realtà quotidiana in cui costantemente si offrono tributi più o meno grandi a questo mostro addormentato, invocato talvolta come minaccia talvolta come benedizione.

L’arsenale nucleare mondiale è un’enorme pistola di Cechov presente sul palcoscenico: se si trova lì, è perché prima o poi sparerà.

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