Analisi di Superman (1978) di Richard Donner, tratto dal fumetto creato nel 1938 da Jerry Siegel e Joe Shuster
Per noi, sono solo meteoriti. Abbastanza giusto. Ma il livello di radioattività specifica è così alto che, per chiunque provenga dal pianeta Krypton, questa sostanza è letale.
Così Lex Luthor descrive la kryptonite, l’incarnazione minerale del concetto per cui le origini e il retaggio di una persona rappresentino sia il primo punto di forza intorno al quale costruire la propria identità, sia la debolezza ineliminabile che prima o poi nella vita tornerà a causare problemi e riaprire ferite mai rimarginate del tutto.
Ironia del destino, tutti i poteri incredibili che elevano Superman allo status di semidio derivano dalla sua provenienza kryptoniana, così come l’unico elemento nell’universo che lo può riportare alla umana condizione di sofferenza. Come tutti i migranti della storia, Superman non si potrà mai liberare dalle sue radici, e pochi lo chiameranno Primo degli uomini, nonostante moralmente lo sia davvero. Tutti lo conosceranno per sempre come l’Ultimo kryptoniano.
Si sono sempre sprecate le analisi dei simboli religiosi che accompagnano l’uomo d’acciaio, creato da due autori ebrei che vi riversarono una certa attesa messianica del protettore degli innocenti, nonché una citazione diretta della vita di Mosè, ovvero quella culla spedita nell’ignoto per salvare la vita di un innocente dalla distruzione.
Richard Donner rielabora queste letture regalandoci una storia sul personaggio tripartita come la trinità cristiana: la prima ha il Padre come protagonista, Jor-El, interpretato da Marlon Brando, e si ambienta nell’iperuranio futurista di Krypton, bianco e gelido come la stanza in cui si trova alla fine del film il David di 2001-Odissea nello spazio. L’interpretazione shakespeariana di battute che Brando pare abbia in parte improvvisato, vista la sua avversione per l’impararsi a memoria i copioni, fornisce l’epicità e la solennità alle origini del personaggio, stabilendo inoltre una mitologia e un villain che torneranno utili nel seguito del film (la storia della produzione back to back di queste pellicole sarebbe un’altra avventura epica meritevole da raccontare). L’esplosione della colonna sonora immortale di John Williams sui titoli di coda sembra veramente l’annunciazione da parte di cherubini della nascita di un salvatore.
La seconda parte ha come protagonista il Figlio, ovvero il giovane Clark Kent che allevato dalla famiglia putativa dei Kent si è ritagliato una bolla di normalità nella semplice cittadina campagnola di Smallville, la quale – come suggerisce il nome stesso – è ovviamente uno spazio troppo angusto per contenere l’immensità dei suoi poteri e delle sue ambizioni.
La crescita del futuro eroe in un ambiente bucolico lontano dalla civiltà che conta è un altro topos mitologico che cementa ancora di più nella mente dello spettatore la prospettiva epica del racconto, pur iniziando già a sottolineare quanto l’educazione secondo i semplici ma genuini valori americani del Midwest avrà la stessa importanza di quella paternalista e se vogliamo colonialista di Jor-El, che spronerà il figlio ad elevarsi a faro guida di un’umanità perduta seppur con buone potenzialità. Proprio il cristallo è la cifra stilistica della Fortezza della Solitudine che emerge dai ghiacci, emblema di perfezione ultraterrena ma anche di gelida e inerte razionalità, inutile senza quella parte di calore umano che fortunatamente Clark ha appreso altrove, tra gli umili.
La terza parte vede l’inizio della vita pubblica, guarda caso proprio intorno ai trent’anni, con il trasloco nella spumeggiante Metropolis e la trasformazione definitiva in Superman, lo Spirito Santo invocato come aiuto e guida dai sofferenti, manifestazione terrena di un potere divino al servizio degli indifesi, interessato tanto a impedire olocausti nucleari quanto a salvare gattini che non riescono a scendere dall’albero. Ogni buona azione, per quanto apparentemente insignificante, ha il potere di cambiare il mondo nella visione controriformista e manzoniana del personaggio.
Questa descrizione delle tre ere potrebbe suggerire chissà quale gravitas nella narrazione, e invece il segreto del successo della pellicola è proprio la naturalezza e la naivité con cui vengono caratterizzati il protagonista e i suoi comprimari. Christopher Reeve è semplicemente nato per il ruolo, e il suo talento recitativo da solo rende credibile come nessuno si renda conto dell’identità segreta del supereroe, cancellando addirittura la sua bellezza statuaria e il suo fascino magnetico con l’aiuto di un semplice paio di occhiali e di qualche movenza imparata nei suoi trascorsi a Broadway, sui cui palchi patinati non sfigurerebbe nemmeno la vulcanica e per niente stereotipata Lois Lane di Margot Kidder.
In una delle scene più celebri di Kill Bill: Volume 2 di Quentin Tarantino, Bill interpretato da David Carradine spiega alla protagonista che ogni superoe nasce umano e si traveste per diventare qualcosa di superiore: Superman è unico perché nasce letteralmente con il suo mantello addosso (è infatti la copertina con cui viene ritrovato da neonato) e quando deve trasformarsi usa come costume i semplici vestiti terrestri di Clark Kent. Tutto vero, eppure vedendo il film di Donner si percepisce distintamente come il vero Superman sia l’essere umano Clark e non il semidio alieno Kal-El; come i suoi occhiali, il suo lavoro da giornalista, le baruffe con Lois Lane e gli amici siano non un travestimento ma il suo tesoro da proteggere anche a costo di infrangere le leggi della fisica, come avverrà nell’assurdo quanto potentissimo finale.
Il vero nemico di Superman in questo primo film è proprio la possibile fine del sogno americano, scatenata non da chissà quali minacce aliene ma dallo squallido arrivismo speculativo del Lex Luthor interpretato da Gene Hackman. Si fronteggiano dunque i due eterni contrapposti, il cervello contro i muscoli, la furbizia contro la forza, l’individualismo sfrenato del capitalismo puro con quello più etico e performativo nel sociale del New Deal di Roosevelt, il quale sicuramente ispirò i creatori del personaggio nei terribili anni post crisi del ‘29.
Il superuomo contro l’umano, troppo umano per usare due terminologie di Nietzsche: e a ben vedere a far fallire il piano di Luthor non saranno i poteri incredibili dell’eroe, ma un gesto di riscatto da parte dell’amante del criminale, stupita di come la sua fedeltà sia stata ben poco considerata.
La nostra umanità è la nostra kryptonite, ma anche il potere più grande di cui disponiamo.
Sebbene ogni giorno di più il consorzio umano sia assalito dal ragionevole dubbio su quanta umanità si possa ancora trovare in un mondo gravemente malato di cinismo e di consumismo dilaganti, tuttavia nel novembre 2006 ha ricevuto la consolante certezza che la kryptonite esiste davvero!
Il ritrovamento è avvenuto in una miniera di borati della Serbia nei pressi del fiume Jadar e gli studiosi, avviliti da scarsa cultura interdisciplinare ancor più che da frenesia pseudoscientifica, hanno battezzato la nuova specie mineralogica jadarite. Si tratta di borosilicato basico di litio e sodio e la sua formula chimica LiNaSiB3O7(OH) praticamente coincide con la formula della mitica kryptonite così come è stata riportata nel film Superman returns (2006) di Bryan Singer, pellicola in continuità narrativa con il Superman di Donner e dei suoi seguiti coevi.
La sequenza cinematografica è inequivocabile, ritraendo un campione di kryptonite conservato in una teca dell’immaginario museo di storia naturale di Metropolis e accompagnato dal relativo pannello didascalico sul quale è trascritta la formula chimica analoga a quella della jaderite…con l’aggiunta di fluoro! Lì per lì, la presunta esagerazione fantascientifica rispetto al chimismo reale può sembrare la classica rottura dell’uovo nel paniere ma dopo un’attenta analisi delle proprietà della jaderite, si è scoperto che comunque i suoi cristalli presentano il fenomeno della fluorescenza rosa-arancio se esposta alla luce ultravioletta!
In qualche modo, dunque, la natura ha fornito gratuitamente una lezione di umiltà all’umanità (quella su due gambe) dimostrando di saper essere creativa e fantasiosa almeno quanto la fantascienza. Il fatto poi, che la jadarite sia bianca e la kryptonite verde…beh non è proprio così dal momento che la kryptonite esiste in varianti di diversi colori, tra cui il bianco, in base all’utilizzo. In una storia di Action Comics, la kryptonite bianca espleta funzione distruttiva del Virus X: chissà mai che la jadarite non sia efficace contro il Corona Virus…